Si ha sempre un parametro rispetto a cui si leggono le cose, per me è la pittura. Il mio far pittura è quello che ho visto, come l’ho visto e come l’ho sentito: a volte di testa, a volte di pancia. E’ stata la pittura a coltivare la mia curiosità per le tecniche del mestiere e da lì per la storia dell’Arte che è per me il termometro nella storia dell’uomo. La metamorfosi è il cambiamento, l’inevitabile scorrere del tempo della mia vita, che racconto per immagini. Personaggi e ambienti che con la magia del computer ho potuto adesso mettere insieme e far dialogare tra di loro. Posso dire che la pittura è da sempre una cara compagna.
Umberto Menin 2012
L'Altro di Sè, quello chi in armonia o in conflitto convive con noi.
Quando dipingo un ritratto, è l'altro che cerco di catturare
quello dietro la maschera.
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Umberto
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L'Altro di Sè
L'essere umano, la società, la città, la natura sono gli elementi oggettivi del mondo che ci circonda, che noi percepiamo nel quotidiano e che chiamiamo realtà.
Tutti noi, nella nostra infanzia, attraverso il disegno e la pittura abbiamo imparato a conoscere il mondo intorno a noi. Umberto in tutta la sua vita non ha mai smesso questo « fare » e la pittura è diventata il riflesso del suo pensiero, dei suoi problemi, della sua personalità.
La sua rappresentazione del mondo è il pretesto formale ma l'interpretazione, la distanza dal soggetto, ci porta a vedere dietro la maschera dell'apparenza: l'infinito aldilà.
Prima di approfondire questa riflessione è necessario conoscere il ruolo delle tecniche di pittura nell'opera di Umberto: queste sono di una grande ricchezza e varietà e hanno visto numerose variazioni o evoluzioni nel corso del tempo. La maestria tecnica, il saper-fare è fondamentale e ha sempre affascinato Umberto, ma deve essere in funzione del senso e per questo è pronto a cambiare forma e maniera per arrivare a rappresentare la sua visione del mondo. Gli approcci formali aiutano a creare la distanza dall'oggetto: si tratta di associazioni e di filtri che gli permettono di trascendere la rappresentazione del reale introducendo tutta la sua soggettività . Per esempio è così che nel 1987 è arrivato alla tecnica dello strappo del pigmento, che ricorda lo strappo per il restauro dell'affresco, ma nel suo caso era la resa del colore, la possibilità di avere dei multipli da sezionare in frammenti e ricomporli in altri possibili equilibri e inoltre il fascino della specularità dell'immagine. Questo gioco di scomposizione-ricomposizione lo ha messo in atto nei diversi filoni di immagine della sua ricerca: le città, le forme della statuaria antica, i ritratti, i nudi, i paesaggi. Attualmente nel suo lavoro si è inserita la fotografia che gli ha dato, attraverso le magiche possibilità del computer, di ricombinare all'infinito, spazialmente e temporalmente, i frammenti della sua opera. Associare, sovrapporre ritratti, città, paesaggi; questo ha aperto un nuovo spazio di ricerca nel suo percorso artistico.
Attraverso la rappresentazione dell'immagine, la forma, lo stile e utilizzando tutte le risorse della sua tavolozza e dei suoi attrezzi, Umberto continua la sua ricerca del senso dell'aldilà, rimandandoci alla illusione della realtà, all'idea platonica, ai miti e agli archetipi di C.E.Jung, concetti fondamentali che possono darci la vera chiave di lettura dell'opera di Umberto.
La realtà è illusione, noi viviamo nella « impermanenza »: la meditazione e la ricerca della verità ci permettono di trovare in noi stessi il senso profondo delle cose che ci stanno attorno e la nostra unità cosmologica con l'universo. Nel suo atelier, Umberto persegue con pazienza e continuità il suo far pittura, i suoi studi gli permettono di prendere la distanza da una realtà che è solo illusione per restituirci la sostanza aldilà dell'apparenza: cio' che è il senso profondo per lui.
Forse l'idea platonica della città, le sue molteplici rappresentazioni, i suoi frammenti, le continue destrutturazioni e ricostruzioni, le associazioni spazio-temporali ci conducono alla città ideale del Rinascimento? Questo è esattamente il filo che Umberto segue nella serie di pitture delle sue città invisibili.
Infine C.G. Jung preso dai miti dell'antichità e della saggezza tibetana, non ci ha insegnato a trovare in noi stessi il senso profondo di questo aldilà dall'apparenza e così liberarci nell'appropriarcene.
In una opera recente, Umberto costruisce un incredibile autoritratto mettendo insieme le tecniche di pittura-strappo e foto, ci dà una autorappresentazione toccante, soggettiva e privata di razionalità. Non c'è la sua immagine, ma il passaggio attraverso le sue età, i mezzi, i colori: una immagine simbolica che ci permette di scoprire l'altro artista, quello che esiste dietro all'apparenza.
Jean-Marie Bouroche 2012 |